Silvia: giocatrice e allenatrice con una grandissima passione per la pallavolo giocata ed insegnata.
“Mimì Ayuhara” prima e “Mila e Shiro” poi, mi hanno fatto innamorare di questo sport. Ancora adesso non saprei spiegare bene il perché, ma quella palla mi piaceva: mi piaceva vederla in volo, vederla recuperata nell’istante prima di cadere, quando veniva schiacciata con tutta la forza possibile.
Ecco: la mia lunga storia d’Amore con la pallavolo è iniziata così.
A sei anni entro in palestra la prima volta a Mulazzano, paese vicino al mio. Insieme alle due mie amiche Chiara (Carinelli) e Miriam (Ferrari), il nostro percorso continuerà insieme fino alle giovanili nella “Volley Lodigiana” e più tardi fino in serie C a San Martino in strada.
Ero piccina, forse troppo, impacciata, anche un po’ cicciottella se dobbiamo dirla tutta. Le altre erano praticamente tutte più brave di me. Più alte, più veloci, più forti. Ma io mi divertivo comunque da morire.
Maledetta quella palla…non voleva mai superare la rete! E quel bagher terrificante…la palla andava dove voleva lei! Ma l’allenatore diceva che la palla siamo noi a governarla.
Eppure ci ho provato così tante volte che alla fine quella palla ha iniziato a superare la rete e, mi sembrava diventare ogni giorno di più, mia amica.
Arrivo in prima media, io e le mie amiche iniziamo una nuova avventura non solo scolastica, ma anche sportiva, a Lodi. la squadra si chiama “Mopak”, diventerà poi Volley Lodigiana (mi ricordo ancora la maglietta blu e verde, con le culotte al posto dei pantaloncini). Lasciamo il nostro primo allenatore Antonio Bovini.
Gli anni passano e io in palestra ci sto sempre meglio, a mio agio, anche se il mio fisico non è esattamente quello di un’atleta, tantomeno di una pallavolista. Ci vogliono le gambe lunghe, così dicono tutti, e le mie non ne vogliono sapere di crescere.
Il percorso nelle squadre giovanili (u14/16/18) è intenso. Ma è proprio in questo periodo che si impara e ci si prepara a diventare atleta. Si impara la tecnica, prima di tutto, si impara a rispettare le regole, gli avversari e le compagne di squadra, si impara ad organizzarsi con la scuola, si impara a diventare grandi.
Ad onor del vero in quella squadra, almeno i primi anni ero…Panchinara fissa!!! Sono entrata poco in campo, ma ho aiutato la mia squadra ogni qualvolta sono stata chiamata in causa (anche solo per una battuta, era il mio pezzo forte), e dalla panchina non ho mai smesso un secondo di incitare, a gran voce. Si, perchè se loro erano in grado di giocare così bene, il merito era anche mio, perchè ci alleniamo insieme ogni giorno e miglioriamo insieme ogni giorno.
Giochiamo i campionati giovanili su Milano (la provincia di Lodi non esisteva), il livello è alto (come lo è ancora oggi su Milano). Si vince, si perde, ma si cresce, tanto e in fretta. Al primo anno di u16 (quindi 14 anni) arriviamo nelle quattro finaliste della provincia. Ci scontriamo contro dei mostri sacri della provincia: Milan Volley, Pro Patria e Sesto San Giovanni. Molte loro atlete sono nel giro delle nazionali giovanili, le guardo dal basso verso l’alto. Le loro gambe sono cresciute, e molto anche. Sicuramente molto più delle mie…
Ma ci difendiamo bene. Battiamo bene, riceviamo come orologi, difendiamo alla morte…eppure perdiamo semifinale e finale e arriviamo quarte. Mai come in quel momento mi sono sentita tanto orgogliosa di me, di noi. Si perchè per la prima volta ho pensato che nella pallavolo le cose funzionano solo se si pensa a “NOI”. Non posso esistere IO, non posso pensare a me stessa quando mi alleno e quando gioco, perchè si gioca insieme, ci si passa la palla e se non c’è comunione di intenti svanisce tutto. Avevamo dato il massimo,abbiamo lottato, combattuto con ragazze coetanee ma fisicamente inarrivabili per noi. E abbiamo ottenuto il nostro massimo risultato… di più non si poteva fare, le altre erano più forti di noi.
Eh si, lo sport mi ha insegnato anche questo: riconoscere i miei errori, riconoscere i miei limiti, provare a superarli fin dove è possibile arrivare, dare il massimo in ogni situazione ma soprattutto saper riconoscere la superiorità di una compagna o di un’avversaria.
Perchè è vero che una ragazza che si allena con impegno vorrebbe sempre giocare, ma è pur vero che tutte le nostre compagne lo fanno con noi, che tutte si meriterebbero di giocare. Ma c’è un allenatore che deve scegliere il meglio per la SQUADRA!!! vogliamo dirci che l’importante è partecipare???no, sono un’atleta, e un’ atleta vuole vincere. Sempre. O almeno provarci fino in fondo.
E non raccontatemi che non vedete quando una compagna è più forte…non ci credo… se credo nel valore della squadra, in coscienza so che è giusto che giochino le più forti. La loro vittoria è anche la mia, siamo una SQUADRA O NO????
A 15 anni, seconda superiore, inizia una nuova vita sportiva, non più solo il campionato giovanile, che tanto ci ha insegnato, ma finalmente eccomi nel campionato di serie, io e la mia squadra, aggregate a qualche ragazza con qualche anno in più di noi, veniamo catapultate in serie D.
Ora onestamente mi viene da sorridere quando sento “….e ma, sono giovani, fanno esperienza. non importa se perdono..” oppure “troppo giovani…non possono fare la serie”.
Ho la mia verità, ma me la tengo per me.
Fino ai 18 anni rimango in questa realtà. Oltre alle due amiche con cui avevo intrapreso questo percorso da bambina, conosco in questi due anni due figure fondamentale per il mio percorso di donna e di atleta.
Laura Gatti, una delle mie più grandi amiche di sempre, ancora oggi. Ricordo le infinite lacrime quando lasciò la nostra squadra, per approdare a lidi a lei sicuramente più congeniali (Laura ha fatto tutta la trafila di nazionali giovanili ed è arrivata a giocare fino in B1/A2).
Eppure, nonostante la distanza, le vite diverse, la nostra amicizia è continuata per anni. Ancora adesso, anche se magari ci vediamo poco, la nostra amicizia continua. Lei è mamma di due meravigliosi bambini ed è sposata con un ex cestista, ma continua ad essere la persona meravigliosa con cui condivido un’amicizia speciale da quasi 30 anni.
L’altra figura, a cui devo la mia trasformazione in atleta è sicuramente Osvaldo Gatti.
Allenatore molto conosciuto nel lodigiano, ancora oggi. Ha fatto crescere intere generazioni di pallavoliste, tra cui la mia.
Il nostro non è stato un rapporto facile. Io ero adolescente zuccona e particolarmente ribelle, lui non era certo uno zuccherino in palestra. Regole ferree, disciplina, impegno, dedizione massima, insomma la vita in palestra non era così facile.
Ma a lui devo tanto. Tantissimo. E se penso ad un allenatore che nella mia vita sportiva ha inciso maggiormente, penso proprio a lui.
Mi ha insegnato la tecnica, la disciplina, ad essere a disposizione per la squadra, a ragionare sulle dinamiche di squadra, e a modo suo mi ha trasmesso tanta passione.
Arrivano poi gli anni a San Martino in Strada: anni pieni, belli, di raggiunta maturità.
I campionati giovanili per me sono terminati. Ora si impara meno tecnicamente ma si cresce come gestione delle partite, come tattica individuale e di squadra.
In questi anni arriva forse la soddisfazione sportiva più grande: la promozione in Serie C.
Dopo qualche campionato di alta classifica, riusciamo nell’intento. Arriva quell’anno a giocare con noi una vera ‘fuoriclasse’ per la categoria, Ilaria Brognoli, che porta al gruppo punti (molti punti) e sicurezza in seconda linea. Insieme alla Capitana di sempre Sabrina Guzzon e alla ‘sicurezza’ Laura Casella, l’allenatore Vittorio Porcelli (eh si, a Riozzo lo conoscete tutti) ci guida in serie C.
Chi l’avrebbe mai detto??? la bambina di sei anni imbranata, cicciottella e con le gambe corte è in campo con una squadra che centra a pieni voti la promozione in serie C…io onestamente non ci avrei mai scommesso.
In questi anni inizia il mio percorso da allenatrice, frequento l’ISEF presso l’Università Cattolica di Milano, ovviamente inizio dai piccolini del minivolley.
Mi laureo, e il nuovo lavoro in palestra non mi consente più di allenarmi con la stessa continuità. Scendo di categoria, l’entusiasmo e la voglia sono sempre intatte. Rimango a Tavazzano qualche anno tra 1 divisione e serie D, dove alleno u14 e ho una breve parentesi con il minivolley di Riozzo.
Il mio primo contatto con questa società.
Per tre anni prendo fiato, non alleno e mi trasferisco a Lodi come giocatrice, con la richiesta esplicita di un impegno minore, perchè stavo frequentando il pomeriggio l’università per un corso di abilitazione all’insegnamento (2 anni per abilitazione in ed.fisica e un terzo per il sostegno).
Finisco la SSIS, inizio ad insegnare alla scuola media e riprendo tutte le attività.
Con la Lodi Pro Volley gioco fino ai 31 anni con una bellissima promozione in serie D dove rimaniamo per qualche anno. Anni belli a livello sportivo ma che considero i migliori a livello personale. Entrano nella mia vita le mie grandi amiche, amiche di oggi, di ogni giorno: Elisa (che in realtà c’era già da tempo), Fuji, Giulians, Gerry, Vigs e Alby. Ecco, insieme a Laura (Gatti), le considero, senza alcun dubbio, tra le mie vittorie più belle.
Il resto è storia recente: appena finita la scuola di abilitazione, ricomincio ad allenare. Proprio a Riozzo, dove avevo fatto un passaggio velocissimo qualche anno prima.
Era l’anno 2008/2009: minivolley e U12. Partiamo con pochi bambini ma durante l’anno iniziano a vedersi dei risultati.
Tra le fila del minivolley ricordo allora una piccolissima Giorgia Palmieri, oggi giocatrice della nostra serie D. Mentre in U12 giovanissima c’erano Alessandra Martella e Federica Cocuzza.
Negli anni successivi faccio percorsi di durata differente con i gruppi 99/2000, 2001, 2002, 2005….e ora sono tornata dai miei piccolini, con qualche comparsa da giocatrice con una promozione in prima divisione (quando chiamano, difficile dire di no). Dallo scorso anno ho scelto, in accordo con la società, di ripartire dai più piccoli.
Ogni gruppo porta ricordi indelebili, ma non vorrei soffermarmi sulla vittorie, pertanto tantissime e tutte bellissime in questi anni, che tutti tra l’altro conoscono.
I risultati sono lì in bacheca da vedere, ma è la strada compiuta insieme a queste bambine/ragazze quella che ti rimane dentro. Sono le ore passate dentro una palestra, sono le trasferte, le riunioni in spogliatoio, le pizzate. Perché in fondo quello che poi ti porti nel cuore sono i rapporti umani, quelli che lasciano il segno dentro. Con alcune di loro, ho ancora delle chat su whatsapp. Una di queste chat si chiama ‘Galline di Silvia’, ma non svelo chi ne fa parte, e non sono ragazze di un passato così recente.
I miei ricordi sono legati a questo. Ho visto crescere queste bambine, diventare adolescenti. Le ho viste colorare le nostre palestre con i loro sorrisi. E mi sono compiaciuta. Le ho viste gioire. E me ne sono rallegrata. Le ho viste disperarsi. E ho cercato di sostenerle. Qualche volte le ho viste fregarsene di tutto. E mi sono profondamente arrabbiata. Le ho viste impegnarsi alla morte. E ho voluto premiarle. Le ho viste non dare il massimo. E le ho riprese pesantemente e richiamate al loro dovere.
Avrei potuto fare di più per loro? Forse. Ma ho sempre cercato di dare il massimo. Ho cercato di trasmettere la mia passione, la mia esperienza, ma soprattutto ho sempre cercato di essere un esempio. Di certo, non sono stata sempre un esempio impeccabile, ho fatto i miei errori, qualche volta mi sono accorta, qualche volta purtroppo no. Ho cercato di trasmettere loro i valori che lo sport mi ha insegnato in tanti anni passati nelle palestre di tutta la Lombardia: rispetto, impegno, disciplina, amicizia, lealtà.
Sicuramente in questo percorso da allenatrice devo ringraziare la Presidente del Volley Riozzo, Annunciata Scala, che ci permette di poter fare tutto questo, con un occhio di riguardo ai più piccoli.
Ho altre due persone da ringraziare nel mio percorso di allenatrice, la prima è Arturo, vero braccio destro: esperienza a disposizione mia e delle ragazze, pronto a consigliarmi in ogni occasione e a confrontarsi con me.
E poi… la Mariuccia, la mia mamma, sempre presente nel mio percorso sportivo. Ha fatto la mamma, la tifosa, l’allenatrice, insomma, posso chiederle altro ancora???
Ecco, a volte mi chiedo perchè ho passato e passo tanto tempo in palestra, chi me lo fa fare? Quando potrei comodamente riposare sul divano…certo, tutto quello di cui ho parlato mi sembra una buona motivazione.
Ma nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza PASSIONE. E questa PASSIONE BRUCIA ancora, la FIAMMA è ancora accesa e credo che dovrete sopportarmi ancora un po’ sottorete, perchè non ho nessuna intenzione di SPEGNERLA!!!
Ed ora speriamo davvero di poter tornare presto….
Silvia